Ciao, e benvenuti.
Oggi vi racconterò la storia di come ho trasformato il mio progetto cinematico dark fantasy da uno shoot disastroso sotto la pioggia ad un immersivo capolavoro fra la neve! Con uno styling moody, accessori incredibili, e un protagonista ispirato da Bloodborne.
L’INIZIO
Dobbiamo tornare indietro alla fine di Novembre dello scorso anno (2024): io e la mia compagna stavamo scambiando idee creative, quando abbiamo immaginato questo shoot, e da subito ha entusiasmato entrambi.
Si concentrava tutto su questa figura femminile che abbiamo immaginato come una cacciatrice di Bloodborne.
All’inizio non eravamo del tutto d’accordo sullo styling ma, parlandone, siamo riusciti in fretta a stabilire il look che sarebbe poi diventato quello definitivo. Mi è capitato in alcuni momenti quasi di ripensarci, non del tutto sicuro di alcune scelte stilistiche, ma poi abbiamo sempre deciso di non cambiarlo, e penso che il risultato finale dimostri che avevamo avuto l’idea giusta dall’inizio.
Conoscevo già una location che ero sicuro sarebbe stata perfetta, così mi sono preso qualche giorno e ho preparato una moodboard e una shot list. Più pensavo a questo shoot e più idee mi venivano in mente, fino ad arrivare al punto in cui ero sicuro di voler fare anche un cortometraggio su questo personaggio, per il quale avevo preparato una shot list separata che la mia compagna mi ha aiutato a trasformare in uno storyboard.

A questo punto avevamo già considerato diversi nomi per il progetto, partendo da “La donna con la balestra”, passando per “la cacciatrice di streghe”, fino a decidere per “Destiny”.
Con l’avvicinarsi dello shoot, abbiamo dovuto anche preparare gli accessori, necessari perché lo shoot fosse non solo credibile, ma direi anche reale. Siamo stati fortunatissimi nel trovare un’eccellente replica di una balestra medievale, ed un cappello a tesa larga così particolare, sui cui poi abbiamo montato noi stessi il velo. Io ho scelto anche di cogliere l’occasione per farmi prestare una fotocamera di un altro brand, per poterla provare.
Il primo shoot
Arriva il giorno dello shoot – siamo intorno a Natale – e piove a dirotto.
Sapevamo dall’inizio di voler scattare in un bosco o una foresta, e nella nostra zona questo comporta di salire in montagna, dove le strade sono strette, dissestate e prone a franare.
La nostra prima scelta come location improvvisamente non era più un’opzione.
Ho aperto maps e, con una rapida ricerca, sono riuscito a trovare un posto simile, ma che fosse un po’ più semplice e sicuro da raggiungere. Partiamo per questa direzione.
Eravamo quasi arrivati quando abbiamo raggiunto un punto dove la strada era interamente coperta di neve. Nessuno spazzaneve era passato né sarebbe passato per tempo, e continuava a piovere. Siamo stati costretti a fermarci.
Nota: Io guido un piccolo SUV ma, ciononostante, ho ritenuto che proseguire su una strada in tali condizioni fosse troppo rischioso, e abbiamo concordato di non farlo. Ricordo di aver pensato “siamo vicini, se solo riesco a trovare un posto dove lasciare la macchina, potremmo raggiungere la location a piedi!”
Con questa idea, abbiamo cominciato a riscendere, e mi sono fermato nel primo posto che non fosse coperto dalla neve. Da lì, abbiamo preso tutto il nostro equipaggiamento e abbiamo tentato di risalire a piedi, in cerca di un punto che potesse funzionare per lo shoot.
Non eravamo in cima alla montagna, ma comunque intorno a metà della sua altezza e – suonerà strano – ciononostante c’era comunque un piccolo paesino lì, e tutte le terre circostanti erano proprietà private, e recintate.
Non potendo quindi scattare lì, faticando ad andare più avanti – a piedi o in macchina – mentre il tempo passava, ho cominciato a temere che potessimo non riuscire a fare lo shoot affatto.
Eravamo così vicini, eppure così lontani. Ma non eravamo pronti ad arrenderci.
Salendo per la montagna avevamo superato un paio di campi e boschetti che, anche se non esattamente come lo scenario che avevo immaginato, sembravano comunque dei ripieghi accettabili. Siamo tornati al SUV e abbiamo ripreso la discesa, cercando di ritrovare uno di quei posti. Ci abbiamo messo un po’ prima di trovarne uno che fosse effettivamente accessibile e adeguato alle nostre esigenze. Ho parcheggiato proprio di fianco alla posizione, siamo usciti dalla macchina, e abbiamo iniziato a scattare immediatamente.
Interessato realizzare qualcosa con la fotocamera che avevo ricevuto da provare, ho usato solo quella per i pochi scatti che ho fatto qui.

Poi il vento si è alzato a tal punto da impedirci di proseguire. Abbiamo passato diversi minuti lottando per impedire che il cappello volasse via e temporeggiando nella speranza che il vento si calmasse di nuovo, ma dopo un po’ la sconfitta era evidente: il Sole era sceso e la tempesta ci stava raggiungendo. Non c’era più niente da fare se non andarsene.
Il Dopo
Quando torniamo a casa è buio, siamo più delusi che stanchi e non abbiamo piani per la serata. Ci prendiamo del tempo per mangiare e scaldarci, poi propongo: “e se provassimo in studio?”
E scattiamo questo:


Dal momento che l’ambientazione era un elemento chiave dello shoot, e che entrambi siamo grandi amanti degli edit in stile pittorico, ho scelto di provare a usare un vero dipinto come sfondo per questo scatto.
Il risultato non mi dispiaceva, ma a questo punto ero esausto e volevo dormirci su.
Nei giorni seguenti, c’è stata una parte di me che non avrebbe voluto altro che pubblicare questa immagine, ma un’altra parte di me preferiva tenerla per un altro progetto in corso, e questo è stato uno dei motivi che alla fine mi hanno spinto a non pubblicarla.
Nota: Ho preso l’immagine del dipinto che ho usato come sfondo dalla collezione Open Access del Metropolitan Museum of Art (MET Museum) -> qui <-
Per la tecnica ho preso spunto da un video della fotografa Irene Rudnyk -> questo <-
Il mio ragionamento
Avremmo potuto facilmente realizzare altri scatti così in studio. Avevamo lo spazio, le luci, la shot list, e adesso sapevamo che un edit del genere potesse funzionare. Ma non ho voluto.
Allo stesso tempo, per quanto già belli, i pochi scatti che avevamo a questo punto erano lontani da qualcosa che trovassi soddisfacente.
Il ragionamento che ne è seguito è stato questo:
Da un lato, l’idea di unire la fotografia con dei veri dipinti storici mi piaceva, ma la vedevo anche come una limitazione in termini di ciò che avrei potuto realizzare.
Dall’altro lato, ero sicurissimo che gli scatti perfetti fossero ancora fuori da qualche parte ad aspettarci, e che avrei saputo ottenere qualcosa di molto più particolare, unico, qualcosa che fosse davvero nostro e rappresentasse appieno la nostra visione, solo scattando in un ambiente reale.
Non importa quanto tempo ci vuole per ottenere qualcosa: se si tratta di una cosa a cui tieni, e hai la possibilità di ottenerla, dovresti. Vale la pena.
Si, a volte basta qualcosa che sia abbastanza, ma il mio obiettivo non è mai stato essere abbastanza come fotografo, o realizzare arte che fosse sufficientemente apprezzabile.
Quando ho fatto tutto quello che posso per ottenere il miglior scatto possibile, questa è la mia idea di abbastanza.
Il secondo tentativo
Da quando abbiamo fatto il primo shoot, il tempo è stato consistentemente uggioso qui, costringendomi a scattare altrove.
La fotocamera che avevo avuto l’occasione di provare ho dovuto restituirla un paio di giorni dopo e, nonostante mi piacesse, preparandomi a rifare questo shoot sono stato contento di non averla più, in quanto era una cosa in meno a cui pensare.
Andiamo avanti alla fine di Marzo 2025: a questo punto ero riuscito a trovare una location alternativa, più semplice da raggiungere dell’originale, ma che soddisfacesse comunque tutti i nostri requisiti, ed è diventata la nuova location. Avevo avuto tempo per rivedere anche la shot list e tutte le note sul progetto, e avevo riscritto il video, apportando dei cambiamenti e perfino scrivendone una seconda versione, su cui ripiegare nel caso in cui alcune riprese si fossero rivelate troppo difficile da ottenere.
Finalmente il bel tempo stava tornando, noi avevamo aspettato abbastanza ed eravamo ansiosi di riprovare, quando c’è un’altra tempesta. Ma questa volta è più piccola e si muove velocemente, così studiamo le previsioni con cura e ci organizziamo per scattare in una breve finestra di tempo in cui la nostra location dovrebbe essere sicura.
La strada per arrivare è bellissima, e passiamo da questo

A questo

Quando ho visto questo mi sono messo a urlare. Non potevo crederci.
La strada era ancora percorribile, la luce era perfetta, la location era ancora più bella di quanto pensassi, e il tempo era davvero stabile.
Usciti dalla macchina ci mettiamo pochissimo a trovare un punto adatto a scattare. Iniziamo immediatamente.
Stava piovigginando leggermente, e penso che questo abbia migliorato ulteriormente l’atmosfera delle foto.
Otteniamo uno scatto, poi un altro e un altro, finché il mirino elettronico della mia macchina comincia ad annebbiarsi per via del freddo e mi tocca passare allo schermino rotante. In realtà continuo a passare dall’uno all’altro per farmi un’idea più chiara possibile dello scatto che andrò a fare.
Io non sono uno a cui piace scattare a raffica, soprattutto quando non è necessario. Così faccio gli scatti che vedo, seguendo il piano, ma anche il mio istinto, il mio occhio, la mia ispirazione, e sono quasi tutti perfetti.
Per quanto riguarda il video invece, abbandono quasi del tutto l’idea, piegato dal fatto che la mia partner stia congelando, e registro solo qualche rapida clip, con l’idea di mettere insieme un piccolo teaser trailer per il progetto. Sbaglio tra l’altro l’ultima ripresa (cosa che scoprirò solo in seguito), dove per la fretta dimentico di modificare un’impostazione. Ma penso comunque di avere abbastanza.
La mia fotocamera sta gocciolando, io non sento più le mani e la mia compagna ormai è ghiacciata. Ci fermiamo.
Ripartiamo e sono nervosissimo, perché so che questa volta non ci sono scuse: ho realizzato degli scatti spettacolari oppure ho sbagliato tutto. E avendo scattato con il mirino annebbiato e la pioggia che scorreva sullo schermo, sapevo che questa possibilità c’era. Che potevo fidarmi di quello che avevo visto solo fino a un certo punto. Sentivo di avercela fatta, ma allo stesso tempo non potevo davvero saperlo.
Quando ho aperto i file e ho visto questo, allora sapevo che era fatta.



Guardate l’intero set, insieme al trailer, QUI.
Comprate le stampe firmate, QUI.
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